Covo

Portale Web del Comune di Bergamo – Pianura Bergamasca Còv (I patatù)

Covo è un comune italiano della provincia di Bergamo in Lombardia situato nella pianura orientale bergamasca, dista circa 27 chilometri a sud dal capoluogo orobico, e occupa una superficie di 12,74 km². completamente pianeggianti con un’altitudine che varia da 109 a 129 m s.l.m.

 

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Popolazione Residente
4.041 (M 2.047, F 1.994)
Densità per Kmq: 317,2
Superficie: 12,74 Kmq
Codici
CAP 24050
Telefonico Prefisso 0363
Codice Istat 016087
Codice Catastale D126
Informazioni
Denominazione Abitanti covesi
Santo Patrono San Lazzaro
Festa Patronale 17 dicembre
Etimologia (origine del nome)
Documentato con il nome di Cauve, deriva dall’italiano covo, giaciglio, nel senso di “concavità, caverna”.
Cosa visitare a Covo

 

Prodotti Tipici di Covo

Personaggi di Covo:

Comuni confinanti di Covo

MERCATO SETTIMANALE

Covo Via Trieste mercoledi 22 Banchi
 
Il centro abitato e i cascinali. Il centro abitato do Covo si trova all’estremità Nord-Ovest del territorio comunale a ridosso del confine con Romano (il quartiere del Bradalesco fa infatti parte di quest’ultimo Comune); dista da Bergamo 27 km , da Romano meno di due, da Calcio 5 e 12 da Soncino. Gli antichi cascinali, un tempo molto popolosi, sono oggi pressoché disabitati.Il Covello di Sopra, il Covello di Sotto, la Bellinzana, la Castellana, la Cavallina, la Bordona e il Fosso sono sorte poco dopo il XVI secolo sul territorio dell’antico comune di Covello, autonomo fino alla fine del XV secolo. Molto antiche sono anche le cascine Valemma (documentata dal 1360), Trobbiate, Battagliona, Bazzarda, Arrigona, Finiletto e Ingurate (denominata “Fenil Nuovo di Covo” nelle mappe teresiane), tutte sorte tra il XVI e XVII secolo.

 

La maggior parte di queste cascine conserva caratteristiche architettoniche dei secoli XVII e XVIII; la Bazzarda possiede anche il secentesco oratorio di S Giovanni. Nel centro storico l’unica traccia del passato medioevale del borgo è rappresentata dalla torre sovrastante la porta meridionale del castello (oggi occupata dalla biblioteca). I resti degli spalti (terragli) e il fossato che ancora li circondava nel settecento, sono stati spianati tra la fine di quello stesso secolo e i primi decenni dell’ottocento da privati cittadini, che li avevano acquistati dal comune.

 

La maggior parte degli edifici più antichi è scomparsa sotto le demolizioni e ristrutturazioni di questi ultimi decenni. Sopravvivono solo alcuni dei palazzi ottocenteschi menzionati dal Muoni e qualche bell’esempio di casa civile di fine settecento in Via Crocefisso e in Vai De Micheli. Purtroppo il palazzo Secco, che aveva ospitato Napoleone III nel 1859, è stato demolito nei primi anni settanta. Non esiste più traccia neanche delle antiche chiese abbattute nel 1775 per ricavare materiale da costruzione per la nuova parrocchiale. La più antica costruzione religiosa del paese è attualmente la cappelletta della Madonna di Loreto, forse la “capellula della B.V. della Neve” che gli atti della Visita del Vescovo P. Campori del 1624 la dicono eretta sopra il ponte di un fontanile.

 

Covo è collegato a Bergamo e a Cremona dalla statale Soncinese, che ad Antegnate (km 1,5) incrocia la statale n. 11 per Brescia e Milano. È collegato a Fara, Cortenuova e Calcio da buone strade provinciali; altre strade comunali e consorziali raggiungono Isso, Barbata e i cascinali del territorio comunale. La stazione ferroviaria più vicina è a Romano, sulla linea Milano-Venezia.

 

I collegamenti con Bergamo, Soncino e la stazione ferroviaria di Romano sono garantiti da regolari servizi di autotrasporto. Non esistono manifestazioni folcloristche e culturali di rilievo. Sopravvivono feste religiose: la più importante ed antica è certamente quella di S. Lazzaro, che ora è celebrata nei giorno 15 , 16 e 17 dicembre. La festa patronale cadeva, fino al 1708, la seconda domenica di ottobre (prima di tale anno si celebrava il primo giorno dopo l’Assunta).

 

La ricorrenza più caratteristica, tipica di Covo, è però la cosiddetta “Festa delle anime giustiziate” , che ricorre il 7, 8 e 9 agosto, anniversario della decapitazione, sui terragli di Covo, nel 1798 di tre ladri catturati dopo una rapina a mano armata in una casa del paese. I tre condannati, prima di salire sul patibolo, chiesero perdono per il misfatto compiuto e ottennero di ricevere i Sacramenti. Tanto bastò al popolo per venerarli poi come santi! In questi tre giorni di agosto il cimitero ed il viale di accesso vengono illuminati da migliaia di ceri e lampadine elettriche e la popolazione prega per le anime dei giustiziati e di tutti i defunti del paese (fino a pochi anni fa, i tre teschi dei giustiziati venivano esposti nella cappella del cimitero). La seconda domenica di ottobre, in sostituzione dell’antica festa patronale, si celebra ora la “sagra”. Fino agli anni sessanta, quando la popolazione di Covo era prevalentemente agricola, la sagra segnava la fine dei lavori nei campi e l’inizio del riposo invernale.

CENNI STORICI:

Le origini del paese ancor oggi non sono del tutto chiare e quindi soggette ad ipotesi avanzate dagli studiosi che analizzano le realtà della zona. Per cercare spiegazioni concrete spesso ci si concentra sull’origine del toponimo: in questo caso difatti l’ipotesi più accreditata farebbe derivare il nome da cavus, ovvero canale, che indicherebbe il fosso bergamasco, canale artificiale ampliato notevolmente in età medievale, ma risalente all’epoca romana.

Si potrebbe quindi ipotizzare che i primi insediamenti abitativi risalgano a quel periodo, indicati con il nome di ad cavum, ovvero villaggio presso il canale.

Tuttavia questa non è l’unica teoria riguardante l’etimologia: un’altra vorrebbe far derivare il nome da cave che in lingua franca significava cantina, a dimostrazione della notevole produzione vinicola presente sul territorio. Infine vi è la versione legata alla tradizione popolare, che accosterebbe il termine a covone di grano (elemento presente anche sullo stemma comunale), che sottolineerebbe la spiccata tradizione rurale del borgo fin da tempi remoti.

Il primo documento scritto che attesta l’esistenza del paese risale all’anno 920, nel periodo storico in cui questi territori erano stati conquistati dai Franchi: questi nuovi dominatori istituirono la secolare istituzione del Sacro Romano Impero, in cui introdussero il feudalesimo. Erano gli anni in cui in tutto il territorio della provincia di Bergamo a partire dalla fine del dodicesimo secolo, imperversavano le lotte tra guelfi e ghibellini, e Covo non ne fu esente: in tal senso documenti dell’epoca raccontano che il borgo si dotò di numerose fortificazioni e di un castello a scopi difensivi.

Il borgo ebbe un notevole sviluppo, essendo inoltre posto in una zona ricca di strade commerciali che collegavano le principali città della Lombardia, e venne inizialmente assegnato in feudo a Matilde di Canossa. Questa, con un atto datato 1098, donò i suoi possedimenti territoriali alla diocesi di Cremona, che ne mantenne il possesso per parecchi anni. Tuttavia nella zona si faceva sempre più forte l’influenza esercitata dalla famiglia guelfa dei Ghisalberti, conti di Cortenuova che cercarono a più riprese di strapparne il possesso.

L’apice degli scontri si verificò nel novembre del 1237, quando nelle vicinanze si scontrarono gli eserciti guelfi delle città di Brescia e Milano e quelli ghibellini composti dalle truppe imperiali dell’imperatore Federico II, sostenitore delle città di Bergamo e Cremona. La battaglia, combattuta lungo il “Fosso Bergamasco” pur avendo avuto il suo punto centrale in località: “Morti del Fosso”, coinvolse certamente il territorio di Covo, attraversato appunto da tale fossato. L’esito arrise agli imperiali, e Covo, schierato con la fazione guelfa, subì la distruzione di gran parte degli edifici preposti alla difesa, tra i quali anche il castello che venne raso al suolo.

Il maniero venne ricostruito dopo breve tempo da Buoso da Duera, signore di Soncino, il quale lo dotò di ben nove torri. Tuttavia la pace era un lontano miraggio, tanto che si verificarono nuovi attacchi da parte dei milanesi, intenzionati a riprendere il comando sull’intera zona. Questi sferrarono l’attacco decisivo al castello e nel 1266 costrinsero alla resa il proprietario, che si rifugiò presso Cremona. Buoso, che per denaro aveva tradito i Ghibellini, verrà collocato da Dante all’inferno fra i traditori della patria.”Ei piange qui l’argento de’ Franceschi: Io vidi, potrai dir, quel da Duera Là dove i peccatori stanno freschi.”

La situazione di instabilità politica durò fino alla prima metà del XV secolo, quando irruppe la Repubblica di Veneziache, applicando una politica lungimirante in ambito sociale ed economico, riuscì a porre fine all’epoca medievale e gli scontri ad essa legati. I territori vennero quindi assegnati al condottiero Bartolomeo Colleoni, legatissimo alla città lagunare, che donò al paese una preziosa reliquia di San Lazzaro.

Con la Serenissima Covo condivise le sorti fino al trattato di Campoformio quando venne aggregata alla Repubblica Cisalpina. Dopo la successiva assegnazione di questi territori agli austriaci, che inserirono il paese nel Regno Lombardo-Veneto, avvenne il definitivo passaggio al Regno d’Italia; successivamente non si verificarono più episodi di rilievo, con il paese intento a vivere della propria quotidianità dettata dai ritmi rurali.

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